Pende un ricorso rivolto al tribunale civile di Milano per chiedere la nomina di un liquidatore dell’«associazione Italia dei Valori» in quanto soggetto giuridico non legittimato a percepire i milioni di euro di fondi elettorali destinati ai «partiti», e non certo alle «associazioni di famiglia» come sembrerebbe essere quella di Di Pietro. La questione verte sui rimborsi elettorali che, è noto, sono fondi pubblici destinati ai partiti.
Secondo Veltri, ex socio del Tonino nazionale, Antonio Di Pietro, oltre al partito "Movimento Italia dei valori", ha costituito l'"Associazione Italia dei valori", composta da lui stesso, dalla moglie Susanna Mazzoleni e dall'onorevole Silvana Mura. Stando a quanto rappresentato da Veltri al tribunale civile di Milano, in occasione del processo intentato per ottener giustizia sul riparto dei rimborsi elettorali, a richiedere, incassare e gestire i rimborsi del “Movimento politico” (e sostituendosi a esso) sarebbe in via di fatto l'"Associazione" di famiglia, attraverso la deputata-rappresentante legale Silvana Mura. Il “tesoriere” dell'associazione di famiglia, sempre per statuto, richiede i rimborsi elettorali e “li introita (…) per conto dell'Associazione” e cura la tenuta dei registri contabili “dell'Associazione e del Partito”. Sicuramente un rompicapo.
Come andrà a finire la causa civile lo sapremo poi, ma il fatto che il presidente del tribunale di Milano, Livia Pomodoro, trasmetta d’ufficio il fascicolo alla Procura della Repubblica, competente per le indagini penali per accertare eventuali commissioni di reati, sarebbe la notizia del giorno.
Invece la notizia è che il magistrato presidente di tribunale, già presidente del tribunale dei minori e docente presso l’università Cattolica, probabilmente dice pirlate, o così almeno intende la Procura che ha ricevuto il plico. Infatti, la Procura della Repubblica può registrare le notizie di reato a “modello 45” o a “modello 21”. Modelli di registrazione rispettivamente per le notizie di reato apparentemente prive di fondamento, e per le notizie di reato che invece non appaiono prive di fondamento.
La pirlata però non è di poco conto perché, pur esistendo già denuncia di Veltri per i medesimi fatti iscritta a “modello 45”, nel ricevere notizia di reato, per quanto inverosimile che l’abbia sparata grossa proprio quel magistrato, l’iscrizione di reato a oggi resta a “modello 45” e non necessita neanche di essere archiviata, e quindi controllata dal giudice delle indagini preliminari. Il pubblico ministero potrà semplicemente cestinarla. Finirà così?
Luca Procaccini
avvocato, non s'è capito niente!
RispondiEliminaAF
(Anonima Fratelli)
Caro, siamo in due a non aver capito niente. Mi spiego, se io o lei finiamo nelle maglie della giustizia per un fatto la cui gravità è la radice quadrata di quanto contestato da Veltri prima e dal Presidente del Tribunale poi al nostro Tonino, è processo penale sicuro. Invece al don Tonino, che ha subito diverse indagini, sempre e solo archiviazione senza mai approdare al processo. Il fatto è che quando si archivia non si verifica l'eventuale colpevolezza dell'indagato, ma solo se ci sono gli estremi per far processo e, in mancanza di questi, archiviazione. Ora il punto è che invece di andare avanti andiamo indietro. Infatti per i procedimenti passati di Di Pietro le iscrizioni nel registro degli indagati erano del tipo che contempla il controllo del giudice sull'operato del pubblico ministero che chiede l'archiviazione mentre, per il fatto in questione, il pubblico ministero può decidere di chiudere la faccenda senza neanche consultare un giudice perchè controlli il suo operato. E non si capisce come mai questo trattamento in Italia lo riceva solo Di Pietro...
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