mercoledì 30 dicembre 2009

Strada a Craxi e numero a Di Pietro

In prestito senza interessi e senza garanzie cento milioni di lire; in comodato d’uso gratuito, a tempo indeterminato, una Mercedes; in locazione, a prezzo da equo canone, un immobile in Piazza della Scala a Milano; in dubbio se ha sbancato o sbiancato; in causa con Occhetto, Veltri e Chiesa per i rimborsi elettorali e in corso una verifica della Corte dei conti per i medesimi fatti.

 Nulla di penalmente rilevante è emerso, direbbe Di Pietro, ma ne esce comunque la figura dell’uomo mediocre tipicamente italico.

Presidente del Consiglio, Ministro e Deputato; da molti apprezzato e da altrettanti inviso; traghettatore del Partito Socialista dalla anacronistica subalternità al Partito Comunista alla centralità del moderno sistema Stato; finanziamento illecito ai partiti, corruzione e discorso nell’emiciclo dove sfidava tutti alla realtà dei fatti senza ipocrisie e sterili distinguo; per alcuni latitante per altri esiliato. Fatti penalmente rilevanti sono stati accertati, direbbe Di Pietro, ma a distanza di lustri dal furore del momento ne esce comunque la figura dello statista mai dimenticato.

E allora magari niente via intitolata a Craxi, ma sicuramente via il nome di Di Pietro dal citofono. Meglio metterci un numero. Più dignitoso.

Luca Procaccini

martedì 29 dicembre 2009

Premio Nobel per la pace 2010: dopo Obama, candidato Putin!

Dopo il Nobel per la pace a Obama, che in occasione del discorso fatto al momento della consegna del premio ha nominato più volte la parola guerra che la parola pace, s’è capito che aria tira e Mosca s’è adeguata. Se colui che manda a decine di migliaia i militari a combattere in Afghanistan, tanto da raggiungere numeri che non si vedevano dai tempi del Vietnam, che è lo stesso che rivede il piano militare sullo scudo antimissile in Europa nel senso di conservarlo comunque, merita il Nobel per la pace, allora anche altri si fanno avanti.

In pole position Putin, notoriamente impegnato in azioni militari e pronto a effettuare il riarmo per tener testa alla potenza americana.

Ma, nonostante alcune  somiglianze con l’amico Obama, difficilmente ce la farà. Non ha la pelle nera. Pace e Amen. Senza Nobel però.

Luca Procaccini

sabato 19 dicembre 2009

Auschwitz: per il furto del cartello “Il lavoro rende liberi”, individuato in Italia il mandante del colpo

Più di 100 procedimenti ed oltre 900 magistrati che si sono occupati di lui e del suo gruppo, 587 visite della polizia giudiziaria e della guardia di finanza, 2560 udienze in 14 anni e fiumi di soldi anche per consulenti. Processi per corruzione alla guardia di finanza ed in atti giudiziari, abuso edilizio, irregolarità nei diritti televisivi e nella cessione di calciatori, abuso dei voli di stato e sulle minorenni, condotta immorale con donnine dedite all’antico mestiere e foto all’interno della dimora privata. Mandante per le stragi di mafia del ’93, nell’auspicio di diverse procure d’Italia, e pentito in mondo conferenza a descriverlo come un padrino. Ci hanno provato in ogni modo a farlo divenire indigesto agli italiani. Ma niente da fare, gli italiani non hanno abboccato ancora.

E allora, colpo di teatro, trapela la notizia: le indagini per il furto della famosa quanta tragicamente ironica scritta posta all’ingresso del campo di sterminio di Auschwitz portano direttamente in Italia dove sarebbe stato individuato il mandante del colpo. Sarebbe un uomo del mondo della televisione diversamente giovane, bassino ma che usa il tacco alto, con pochi capelli ma trapiantati, dalle battute facili ma che per alcuni sono gaffe, che ama la sua Milano ma gli risulta indigesto il Duomo. Questo l’identikit costruito dagli inquirenti. Ma per avere il nome pubblicato su tutti i giornali bisogna aspettare l’audizione del pentito prevista in video conferenza in un qualche processo che si terrà nel corso della prossima competizione elettorale.

Roberto Alboni

lunedì 14 dicembre 2009

Processo breve: la seconda nota del Quirinale in pochi giorni

In Italia le leggi le fa il Parlamento e le applica la Magistratura, e il Parlamento le licenzia nel passaggio del testo nelle due Camere mentre i Magistrati le applicano nelle aule di giustizia.
Così è che funziona ma, con il disegno di legge sul processo breve, c’è scontro tra Potere legislativo e Ordine giudiziario con tanto d’intervento del Presidente della Repubblica che invita alla moderazione ed al rispetto dei ruoli.

Niente da fare, il Consiglio Superiore della Magistratura si riunisce e all’unanimità delibera che il disegno di legge sul processo breve è incostituzionale. Parere espresso senza che ce ne fosse necessità, secondo il nostro sistema costituzionale, e senza che nessuno glielo abbia chiesto. Insomma, parere espresso al di fuori delle regole di formazione delle leggi all’unico scopo di influenzare il Parlamento.

Perciò, a prescindere dal merito circa l’eventuale incostituzionalità del testo di legge, che dovrebbe vagliare altro Organo quale è la Corte Costituzionale, il CSM si comporta come se se fosse la terza camera del Parlamento per bocciare un disegno di legge.

Quindi, attendiamo tutti la nota del Quirinale a difesa degli Organi Costituzionali.

Luca Procaccini

domenica 13 dicembre 2009

Aggressione a Berlusconi: le ombre dei servizi segreti deviati

In Italia, le ombre dei servizi segreti deviati, o anche detta “strategia della tensione”, sono la spiegazione dei fatti tragici e irrisolti che affliggono la storia patria. Se poi la vicenda la si condisce con un pizzico d’estrema destra, il piatto è servito. Non è mai la sinistra a perdere le elezioni, o a essere incapace d’intercettare il sentire sociale, ma è una sordida trama dei Poteri Occulti a impedire la vittoria della giusta causa. Come? Con un attentato che scuote l’opinione pubblica e concede così ai Poteri di limitare le normali dinamiche democratiche. Appunto, diranno  che l’aggressione a Berlusconi è macchinazione della destra conservatrice per consentirgli di mantenere il controllo del Paese a dispetto del reale sentire popolare.

Luca Procaccini

giovedì 10 dicembre 2009

Berlusconi, il partito dei Giudici e la Corte Costituzionale. Crederà mica di essere il Migliore?

Quando, nel secondo dopoguerra, i Padri Costituenti disegnarono il nostro modello di Stato, da poco era caduto il fascismo. E la preoccupazione era che non si ripetesse il fenomeno. E allora, un Parlamento composto di due Camere con i medesimi compiti, e quantità industriali di deputati e senatori, che devono licenziare il medesimo disegno di legge. Un modo per trasformare il Parlamento in un parlatoio atto a rendere complessa la costanza della fiducia al Governo. Quindi, un esecutivo debole in balìa di un Parlamento tanto pletorico quanto sterile. Poi, il Presidente della Repubblica senza responsabilità, e quindi senza effettivi poteri, a fare da anonimo Notaio della Repubblica. Infine, l’Ordine della Magistratura indipendente dal Governo per evitare il ripetersi dello sgradevole fenomeno dei Tribunali Speciali con compiti politici. Infine, una Corte Costituzionale a far da garante che le leggi emanate dal Parlamento non tradissero lo spirito della Carta.

Era il 1948 e si aveva un obbiettivo: evitare il ripetersi dell’esperienza fascista. Nonostante ciò, e a caldo, un politico veramente coraggioso disse: «La Corte Costituzionale è una bizzarria, un organo che non si sa cosa sia e grazie alla istituzione del quale degli illustri cittadini verrebbero a essere collocati al di sopra di tutte le assemblee e di tutto il sistema della democrazia, per esserne i giudici». Era Togliatti, per alcuni il Migliore, che diceva semplicemente che questi illustri cittadini avrebbero potuto fare e disfare a loro piacimento senza curarsi del potere legislativo, emanazione del sistema democratico. Giustappunto quel che ora sostiene Berlusconi.

Per la proprietà transitiva, se Togliatti è stato il Migliore allora, Berlusconi è il migliore oggi?

Luca Procaccini

sabato 5 dicembre 2009

Spatuzza: dopo Berlusconi e Dell’Utri, la lista dei nomi, città per città, dei sospetti di mafia o concorso esterno in associazione mafiosa

Spatuzza dice di Berlusconi e Dell’Utri  mandanti delle stragi dei primi anni Novanta, e li indica come le persone serie che avevano fatto ciò che la mafia richiedeva si facesse. Parole dette non al bar ma nell’ambito del processo d’Appello che si celebra per accertare se Dell’Utri è mafioso. Appello perché in primo grado Dell’Utri s’è beccato nove anni per concorso esterno in associazione mafiosa.

Per la verità, il Codice penale punisce l’associazione a delinquere di stampo mafioso, che consiste nell’associarsi con altri per compiere nel tempo delitti utilizzando gli strumenti tipici della mafia. Quindi, per essere condannati si dovrebbe essere accusati, e dovrebbe offrirsene la prova, di essere in accordo con altri per compiere reati utilizzando il metodo mafioso. Se manca l’accordo in tal senso, in caso di commissione di un reato può esserci la punizione per questo ma non anche la pena per aver fatto parte del sodalizio criminoso. Questo è, ma anche se non alberga nel Codice penale, nelle aule di giustizia è stato coniato il reato di concorso esterno in associazione mafiosa. Costruzione giuridica per motivare la condanna per il reato codificato anche nei confronti di chi non è accusato di aver partecipato al sodalizio criminoso per commettere reati nel tempo con lo strumento tipico del mafioso. Quindi, quando non c’è la prova per il reato così come normato dal Codice, c’è la condanna per aver concorso dall’esterno all’associazione.

Se si parlasse di lingua italiana, sarebbe costruzione barocca, ma parlandosi di condanne e pene, è costruzione per affibbiare la pena per il grave reato anche a chi non è stato provato d’aver fatto parte del sodalizio criminoso, ma semplicemente perché in qualche modo può dimostrarsi d’averci avuto a che fare. Magari anche come vittima. Tipico esempio scolastico: il medico che viene prelevato da casa e portato a curare qualche latitante affetto da patologia, e poi una volta a casa  non denuncia il fatto per semplice paura d’essere punito dalla cosca, può essere accusato di concorso esterno in associazione mafiosa e subirne la pena. Tipico esempio concreto: ogni qual volta si ha a che fare con qualcuno che è dedito al malaffare, qualcun altro può dire che si è voluto aiutare un sodalizio dalle caratteristiche mafiose.

Poi, il capitolo della prova. Che sia associazione mafiosa o concorso esterno in associazione mafiosa, ci vuole la prova del fatto per poter condannare. E in Italia si punta molto sul pentito che collabora. Fa niente che è persona assolutamente inaffidabile, allettata dai benefici che derivano dalla collaborazione, che potrebbe dire ciò che ne ha voglia pur di ottenere qualcosa. Tanto, la dichiarazione del pentito per assurgere al valore di prova deve essere oggettivamente riscontrata. Questa la norma, poi l’elaborazione giurisprudenziale che stabilisce esserci riscontro anche solo quando sono più d’uno i pentiti a dire la stessa cosa, senza altra prova  documentale o fattuale. 

Fatte queste premesse, per avere la lista dei nomi dei sospetti di mafia o concorso esterno in associazione mafiosa città per città, basta prendere l’elenco del telefono perché nessuno può dire di essere al riparo dall’accusa.

Luca Procaccini

mercoledì 2 dicembre 2009

Fuori onda di Fini: La Russa, Matteoli e Gasparri chiedono parità di trattamento

Galeotto fu il fuori onda di Fini che lo coglie a dire che Berlusconi "confonde il consenso popolare che ovviamente ha e che lo legittima a governare, con una sorta di immunità nei confronti di qualsiasi altra autorità di garanzia e di controllo", che il Berlusca non deve "confondere la leadership con la monarchia assoluta”  e che, quando qualcuno dice che nessuno è immortale, commenta: "Se ti sente il presidente del Consiglio si incazza...".

Niente di molto diverso dalla registrazione della chiacchierata al bar fatta tra La Russa, Matteoli e Gasparri qualche tempo fa quando dicevano che Fini doveva esser malato, per commentare le sue dichiarazioni da monarca assoluto di AN. Allora, nella democratica AN, gli autori della chiacchierata da bar furono fucilati senza processo dall’imperatore che, giusto per fare un esempio, per punire l’Ignazio, lo ridimensionò nominando d’imperio coordinatrice della Lombardia la Muscardini. Brava donna, ma che contava in AN Lombardia quanto il due di picche a briscola. Era la dialettica interna, evidentemente. La stessa che ora Fini contesta a Berlusconi ed in virtù della quale dovrebbe essere lapidato dal nuovo padrone di casa. Corsi e ricorsi storici che rendono giustizia a La Russa, Matteoli e Gasparri oggi pronti a scagliare la prima pietra.

Luca Procaccini