giovedì 30 aprile 2009

Eccesso di legittima difesa e negozio sotto sequestro per il gioielliere di Cinisello Balsamo. Ne è valsa la pena

Pistola in faccia e botte da orbi. Trauma cranico, zigomo e setto nasale fratturato, il tutto condito da costole incrinate, denti rotti e fifa blu. Capita al gioielliere di Cinisello Balsamo, che però ha la pistola nel cassetto.

Sette colpi sparati, e un rapinatore ferito. Una contestazione di eccesso colposo di legittima difesa e sequestro del negozio ancora in essere. Operazione e degenza in ospedale con riposo forzato perché il negozio sequestrato ancora non gli è stato riconsegnato.

Al diavolo il magistrato, un po’ caro ma ne è valsa la pena. Meglio un brutto processo, e qualche incasso in meno, piuttosto che un bel funerale.

Sandro Sisler

mercoledì 29 aprile 2009

Il PD, Rutelli, Franceschini, Penati e la difficile arte del copiare

Si sa, copiare non è cosa facile. Presuppone un minimo di conoscenza e spiccata intelligenza.
Altrimenti, convinto di capire ciò che copi, non ti accorgi di uscire fuori pista e rischi di fare la figura del citrullo.

È così, e non si fanno sconti. Tutti ci cascano, e alcuni ci ricadono. D’altra parte son quelli che quand’anche provi a metterci la conoscenza, se manca l’intelligenza non c’è speranza.

E non c’è speranza se il PD, e prima l’Unione e l’Ulivo, continuano a inseguire Berlusconi cercando d’imitarlo a ogni costo. Come dimenticare la candidatura di Rutelli del 2001? Il piacione era quanto di più simile al Berlusca secondo i pensatori d’allora. E via così sulle scelte comunicative fino ai giorni nostri dove c’è Franceschini a farsi immortalare col cappello da ferroviere a emulare il Premier operaio, e Penati a scimmiottare i vecchi slogan della campagna elettorale di Forza Italia. Da “un impegno preciso: meno tasse per tutti” di Silvio, a “la provincia e oltre: più sicurezza per cittadini” di Penati, giusto per citare uno dei tanti slogan scopiazzati.

Vabbè, copiano nella speranza di non esser scoperti, direte. Ma la cantonata è in agguato, come al solito. E se Penati ha cominciato bene copiando lo stile del Berlusca nel coniare slogan a effetto, poi ha finito male l’opera di copiatura. Gli slogan copiati da Berlusconi e, per non farsi sgamare, la foto copiata da Riotta e Cocuzza. I giornalisti sfigati che vogliono distinguersi con l’apparire in TV in manica di camicia e cravatta, ma senza giacca. E allora eccolo Penati in fotografia sui manifesti in camicia bianca con cravatta, ma senza giacca. Proprio come un citrullo. Copiare senza capire, un disastro. L’ennesima prova.

Sandro Sisler

lunedì 27 aprile 2009

Cofferati, condannato per condotta antisindacale, si difende: m’è sfuggito Frankenstein

È stato segretario duro e puro della CGIL.

Ha portato in piazza milioni d’italiani per evitare la modifica dello statuto dei lavoratori ipotizzata dal governo Berlusconi nel 2002.

Ha rappresentato il punto di riferimento dell’ala dura della sinistra italiana quando i governi Prodi, D’Alema, Amato e il candidato Rutelli avevano deluso le aspettative dei compagni.

Poi, la carica di Sindaco di Bologna e le difficoltà di amministrare la città.

Dopo cinque anni dove è stato apostrofato come sceriffo, fascista, reazionario e altro, la sentenza di condanna del Giudice del lavoro per condotta antisindacale.

In sintesi, smessi i panni del filosofo ed assunti quelli del pratico, l’amara scoperta.

Tante parole in libertà spese negli anni hanno contribuito alla creazione del mostro. Il dipendente. Poi, dopo la scoperta, la sconfitta. Il dipendente brandito e gestito come arma dalla comoda e potente poltrona della CGIL, non lo si gestisce più dalla potente ma scomoda poltrona di Sindaco.

Frankenstein è fuori controllo. Così è deciso, l’udienza è tolta.

Luca Procaccini

domenica 26 aprile 2009

Franceschini e l’uso improprio della memoria storica

Franceschini invita Berlusconi alle celebrazioni del 25 aprile, e il Premier aderisce.

Franceschini invita Berlusconi a intervenire affinché non passi il disegno di legge pendente in Parlamento in virtù del quale i repubblichini, ai fini pensionistici, sarebbero stati equiparati ai partigiani, e il Premier aderisce.

Franceschini, soddisfatto dell’ascendente sul Premier, incalza. Berlusconi prometta di non modificare la Costituzione a colpi di maggioranza perché i padri costituenti l’avevano scritta tutti assieme, e il Premier s’incupisce.

Gli unici a riuscire a modificare la Costituzione senza l’accordo con la minoranza furono quelli dell’Ulivo, a pochi giorni dalla scadenza della legislatura e in maniera raffazzonata. Era il 2001, al Governo c’era Amato, e a prescindere dalla minoranza anche la maggioranza non era un sol corpo tanto da aver licenziato prima Prodi, poi D’Alema e infine Amato per presentare alle elezioni successive Rutelli.

Poi torna il sereno, Berlusconi si ricorda che a parlare è Franceschini. Tanto basta a far sorridere, a prescindere dai contenuti.

Sandro Sisler

25 aprile. Qualcuno spieghi a Franceschini cosa è successo

Già Violante anni fa disse che i caduti della Repubblica Sociale Italiana erano da onorare perché sacrificarono la vita in buona fede. Anche se la causa era sbagliata. Qualche ora fa, egual concetto hanno espresso Napolitano e Berlusconi, ma Silvio è andato oltre. Non c’è dubbio che è stata sacrificata la vita di tutti i caduti, e che tutti vanno onorati, ma è anche vero che solo alcuni di questi hanno combattuto per sconfiggere i nazifascisti.

È sicuro che dalle ceneri della guerra civile è nata la nostra moderna democrazia, e che la ricorrenza del 25 aprile è stata concepita come data per celebrare la sconfitta del fascismo e la liberazione dell’Italia dai nazisti. Ma è anche ora di chiamare questa ricorrenza non più festa di liberazione, ma festa della libertà. Non più, e non solo, liberazione dal fascismo, ma libertà da ogni totalitarismo.

Questo il senso del discorso di Berlusconi. Deprimente la risposta di Franceschini: il nome non si cambia perché la ricorrenza “così l’hanno chiamata i nostri padri”. Potrebbe pensarsi che il leader del PD, furbescamente, abbia voluto liquidare la questione con una battuta per evitare di addentrarsi nello spinoso problema di dover riconoscere che il comunismo è stato totalitario e, per fortuna, ce ne siamo “liberati” al punto da non averne neanche semplice rappresentanza parlamentare.

Purtroppo non è andata così, il ragazzo ce la mette tutta ma non ci arriva. Che qualcuno gli spieghi cos’è successo veramente.

Luca Procaccini

venerdì 24 aprile 2009

Un 25 aprile da fossa comune: dentro, i giovani che hanno combattuto per liberare l’Italia dall’occupante straniero

Fossa comune sotto al ponte. Erano tutti giovani che hanno combattuto per liberare l’Italia dall’occupante straniero. Per lo più dai venti ai trent’anni. Alcuni volontari, altri precettati alle armi. Hanno reso l’anima al Signore perché volevano ricacciare l’invasore. Sono morti, punto. Niente ricorrenza in loro onore, anzi.

Eppure, che colpa avevano se sono nati, cresciuti, formatisi e hanno combattuto con la convinzione d’essere nel giusto. D’altra parte, anche il Papa lo aveva detto. Quindi, il Duce è la luce, simboli del fascio in ogni dove e il Papa che dice che Benito è l’uomo della Provvidenza.

Queste le premesse. Poi, sbarcano gli alleati nel Sud Italia e la chiamata alle armi. D’altronde, per cinque anni erano stati il nemico da combattere. Poi l’invasore da ricacciare in mare.

Altro non c’era da sapere perché la Casa Reale era scappata notte tempo col Governo, l’8 settembre del ’43, dopo aver proclamato l’ambiguo armistizio secondo il quale la tregua era firmata ma la guerra continuava nei confronti di chi ci avesse attaccati. A ognuno la scelta su come comportarsi, ma con condizioni radicalmente diverse.

Al Sud, con gli angloamenricani di stanza, la convenienza nell’essere col Re. Al Nord, con i tedeschi in casa, la necessità di stare col Duce. A prescindere dal fatto che poi si sarebbe scoperto essere dalla parte sbagliata della storia. Ma solo poi, con dovizia di particolari e libertà di conoscenza sconosciuti all’epoca dei fatti.

Però il tempo rende giustizia e finalmente per gli italiani non c’è più distinzione tra chi è caduto perché partigiano contro l’occupante germanico e chi è caduto perché patriota contro l’invasore anglosassone. Sono tutti accomunati da un fatto: il 25 aprile, specialmente se si concilia bene col 1° maggio, è un gran ponte.

Luca Procaccini

martedì 21 aprile 2009

25 aprile, Berlusconi ci sarà per ricordare 80 milioni di italiani e migliaia d’americani

Il 25 aprile è il giorno dedicato alla liberazione dell’Italia dai tedeschi, che prima di diventare esercito occupante il suolo patrio era esercito alleato nella guerra contro gli angloamericani.
Il cambio di stato fu decretato dall’ineguagliabile Badoglio che, l’8 settembre del ’43, alla radio disse che la tregua era firmata con gli alleati ma la guerra continuava con chiunque ci avesse attaccato. Neanche il coraggio di citarli i nazisti, che da alleati diventavano nemici incazzati. E averci nazisti incazzati da Napoli in su non era un bel vedersi in Italia.

Con queste premesse, un lavoraccio quello degli angloamericani il ricacciare il germanico sempre più su fino e oltre il confine. Mica una passeggiata di salute. Ma noi siamo sempre stati i più furbi, e così il governo provvisorio del Re tentò di accreditarsi agli occhi dei nuovi amici come alleato per poter trasformare la nostra condizione, da nazione che aveva determinato e perso la guerra, in nazione vincitrice il conflitto mondiale. E invece picche, mai ci fu riconosciuto lo status di alleati, fummo definiti cobelligeranti contro il tedesco. Un modo per dirci di non allargarci.

Allo stesso modo, quelli che si definirono partigiani, seppur importanti nelle strategie militari complessive, vollero vendersi come liberatori del nord Italia anche se ciò mai sarebbe accaduto senza il massiccio intervento angloamericano. Altro tentativo, seppur meno meschino di quello del governo, di accaparrarsi meriti non tutti propri degli italiani. Poi, con la caduta definitiva del fascismo e la fuga dei nazisti, il 25 aprile appunto, quei 40 milioni d’italiani che popolavano l’Italia si sdoppiarono. Fino ad allora 40 milioni di fascisti, dopo di allora 40 milioni di antifascisti.

La storia è servita, abbiamo liberato l’Italia dall’occupante straniero e determinato la sconfitta del fascismo. Tutto da soli, con il marginale intervento dei nostri alleati. Gli angloamericani, ovviamente.

E allora bene fa Berlusconi a partecipare alle manifestazioni del 25 aprile che si terranno al cimitero americano di Nettuno. Il luogo ideale per ringraziare migliaia d’americani e 80 milioni d’italiani che hanno consentito all’Italia di essere un Paese democratico.

Luca Procaccini

lunedì 20 aprile 2009

Il presidente dell’Iran accusa Israele di razzismo. Obama soddisfatto

Obama aveva fatto una scommessa difficile. In questo momento così delicato, quando il terrorismo è lontano dall’essere sconfitto, ha deciso di cambiare spartito con l’Iran.
Fa nulla che da quelle parti si lavora giorno e notte per procurarsi la bomba atomica. E fa nulla che ai segnali di distensione lanciati dall’America si risponde con il processo farsa alla giornalista USA arrestata in Iran e condannata, dopo averle estorto confessione con promessa della liberazione, a otto anni di reclusione per spionaggio. Ovviamente, è solo il prezzo da pagare nel breve periodo per ottenere grandi risultati nel lungo periodo. E i frutti non tardano ad arrivare.

Oggi Ahmadinejad accusa Israele di razzismo. Un trionfo della politica estera di Obama. I toni si stemperano: dall’odio religioso tra Islam ed Ebraismo, a una modesta questione razziale. Dalla tensione religiosa a quella scientifica. Basta dimostrare ad Ahmadinejad che le razze non esistono. Altro che questioni di fede tra Imam e Rabbini. Basta un convegno tra antropologi di spiccata fama e il gioco è fatto. Tranquilli, siamo in buone mani, la pace s’avvicina.

Luca Procaccini

domenica 19 aprile 2009

Obama. Lo statista con vasellina

Nei primi mesi di Governo, l’abbronzato ha fatto grandi cose per dimostrare la distanza tra il suo modo di concepire il potere rispetto a chi lo ha preceduto. E ha funzionato fintanto che s’è trattato di fare scenografia. Tutti in delirio perché va in giro per la Casa Bianca in maglioncino mentre la moglie ricava un orto nel giardino del palazzo del potere. Tutti in visibilio perché lo si incrocia al fast food mentre allunga la banconota per pagare come un illustre sconosciuto, per poi mangiare un panino che si disfa tra le mani come accade ai più impediti.

Sull’onda della commozione generale, l’idea. Esportare il metodo. Si cambia anche in politica estera. Partecipazione al convegno dei Paesi sudamericani e pacche sulle spalle con Chavez, l’ultimo degli ultimi comunisti, oltre che aperture d’ogni genere all’Iran.

Si vedono i primi frutti. La giornalista americana arrestata in Iran è stata condannata dopo un processo a porte chiuse per spionaggio in favore degli USA. Ovviamente, dopo averle estorto confessione con promessa della liberazione.

Il presidentissimo rassicura. Non cambierà il suo modo d’approcciare l’incarico ricoperto. Aggiusterà solo un poco il tiro e, per precauzione, viaggerà sempre con vasellina al seguito. All’occorrenza, meglio spalmare che altrimenti brucia.

Luca Procaccini

giovedì 16 aprile 2009

Il monopalla Berlusconi e il socialista Bossi

Con l’accorpamento delle elezioni europee con il referendum, il quorum si sarebbe raggiunto sicuramente e il quesito referendario sarebbe passato molto probabilmente, con il risultato che la Lega sarebbe stata ridimensionata se non annullata.

Con la scusa del risparmio per le casse dello Stato, Berlusconi avrebbe avuto ben donde per accorpare il referendum alle elezioni europee e lasciare alla Lega l’onere di spiegare perché fare votazioni separate con aggravio di costi e probabile mancato raggiungimento del quorum per il referendum con delusione delle aspettative dei referendari.

Con la minaccia di crisi di maggioranza e caduta del Governo, Berlusconi avrebbe potuto stropicciarsene e conservare l’accorpamento lasciando alla Lega l’improbabile compito di uscire indenne dal referendum, oltre che dall’incazzatura generale per un eventuale crisi da scatenare in un momento storico così difficile, sia per le congiunture economiche mondiali sia per i fatti nazionali derivanti dal terremoto abruzzese.

Con una condotta del genere Berlusconi avrebbe fatto vedere le palle, ma ha preferito fare come l’italiano medio. Un colpo alla botte e uno al cerchio. Accontentare tutti per accontentare nessuno. Il referendum si fa non con le europee ma con il ballottaggio derivante dalle elezioni amministrative. Un po' si risparmia, un po' si accontenta i referendari, e un po' si tiene buona la Lega.

Con questa scelta, Berlusconi dice di aver evitato una crisi di governo che non ci possiamo permettere. Non è vero, con questa scelta si conservano le alleanze con la Lega anche per le elezioni amministrative, il cui sistema elettorale non vene sfiorato dal quesito referendario.
Altro che Berlusconi con le palle, questo è Silvio monopalla. Ma c’è il premio di consolazione. Potremo gustarci Bossi che invita ad andare al mare anziché a votare. Uguale a Bettino Craxi. Senza offesa per gli eredi.

Luca Procaccini

martedì 14 aprile 2009

“Anno zero”. Niente “diretta”, si prevedono solo registrazioni

Il copione è sempre lo stesso. Santoro sceglie il nemico, e seleziona gli ospiti della trasmissione in maggioranza militarmente schierati contro il rivale prescelto. Poi apre la trasmissione con la predica di Travaglio che non ammette replica. Appena può, invita Di Pietro e trasmette filmati di Beppe Grillo. Successivamente alla puntata, la polemica e la domanda di rito sui soldi pubblici spesi per trasmissione di tal fatta. Immediatamente dopo, la scena consueta di Santoro che si meraviglia delle reazioni e di Di Pietro che blatera il rischio di regime perché si vuole imbavagliare l’informazione non schierata.

Tutto visto, tutto vecchio. Alla fine è una catena di montaggio. In 21 anni di giornalismo di Santoro, l’unica novità degna di nota l’ha offerta quando, qualche anno fa, riprese le trasmissioni con i capelli visibilmente tinti. Neanche vale la pena fare la diretta, tanto vale registrare.

Luca Procaccini

sabato 11 aprile 2009

Berlusconi facci vedere la palle

L’avversione della Lega al referendum sulla legge elettorale si spiega perché, se si raggiunge il quorum e passa il referendum, il premio di maggioranza non va più alla coalizione ma solo alla lista. Quindi, la Lega non sarebbe più determinante per vincere le elezioni perché il PdL, se prende un voto in più del PD e della Lega, si becca per intero il premio di maggioranza e governa. Senza la Lega, appunto.

Ecco perché il carroccio vuole che si tengano consultazioni separate. Prima le europee, poi il referendum. Così, come accade da più di dieci anni a questa parte, l’elettore pigro non va a votare per il referendum, il quorum non si raggiunge e la modifica non passa. Invece, se si accorpa il referendum alle elezioni europee, l’elettore che va a votare per il Parlamento europeo, per quanto pigro, se gli mettono in mano un’altra scheda, il voto lo esprime, e il quorum lo si raggiunge.

E allora questa è l’occasione per il completamento della rivoluzione Berlusconiana. Infatti, Berlusconi che aveva fondato Forza Italia e governato malamente con AN, UDC e Lega, col nuovo giro ha accorpato FI ed AN nel PdL, licenziato l’UDC e conservato il rapporto con la Lega. E le cose vanno molto meglio. Ma tutto è perfettibile. E l’occasione è servita: se passa il referendum elettorale, il PdL governa anche senza la Lega.

Controindicazione: la Lega fa “pressioni” affinché non ci sia l’accorpamento delle consultazioni per affossare il referendum. Traduzione: la Lega minaccia di togliere l’appoggio al Governo se passa il referendum. Quindi, minaccia la crisi e le elezioni. Come nel 1994. chi tradisce una volta tradisce sempre, direbbe qualcuno.

Soluzione: le palle di Berlusconi, se le ha. Che si faccia l’accorpamento delle consultazioni, motivandolo semplicemente con un risparmio di 400 milioni di euro per le casse dello Stato. Che passi il referendum e che la Lega rompa l’alleanza e determini lo scioglimento delle Camere. Che si vada pure a votare, ma questa volta ognuno per se Dio per tutti.

E allora: il PD, conciato com’è, oggi ambisce a raggiungere il 27% dei voti per non dover dichiarare fallimento totale; la Lega, movimento tribale che nessuno si fila al Centrosud, mai potrà competere neanche col PD. Resta il PdL, che oggi viaggia su percentuali spaziali e che, con la legge elettorale modificata, potrà godere in solitudine del premio di maggioranza e governare.
Non manca nulla. Solo l’esibizione delle palle di Berlusconi. Dai Silvio, faccele vedere.

Luca Procaccini

venerdì 10 aprile 2009

IDV, PD: Io Divoro Voi, Poveri Disgraziati

Quando il PD nacque, disse ai quattro venti d’essere partito a vocazione maggioritaria e che non avrebbe fatto patti elettorali con nessuno. Invece l’accordo lo fece con l’Italia dei Valori a patto che si sarebbe fatto unico gruppo in Parlamento.

Di Pietro salì in carrozza e, raggiunto l’obiettivo, rinnegò l’accordo e si fece il suo bel gruppo.

Nel corso del primo anno di vita parlamentare del PD moderato a vocazione maggioritario, e in assenza dell’ala sinistra del Parlamento, Di Pietro s’è imposto sulla scena per i toni da opposizione cari a Rifondazione Comunista, Verdi e Comunisti Italiani. E il bel giocò funzionò tanto da spingere prima Veltroni, e poi Franceschini, a inseguirlo sull’antiberlusconismo facendo del PD, per quanto riguarda i contenuti, una replica dell’Ulivo.

Poi venne il tempo delle elezioni regionali in Abruzzo e Di Pietro impose al PD il suo candidato. L’elezione fu vinta dal PdL, ma l’Italia dei Valori raggiunse consensi mai sperati, a discapito del PD che ancora se ne lecca le ferite.

Ora è tempo di elezioni europee e Franceschini dice che Berlusconi non si deve candidare perché mai potrebbe assumere l’incarico di euro deputato, mentre Berlusconi dice che si candida e che anche l’opposizione dovrebbe candidare un leader se l’avesse. Ed ecco Di Pietro che annuncia la sua candidatura al Parlamento europeo, con Franceschini fermo al palo.

Infine, per le amministrative con le alleanze da farsi per le elezioni di sindaci e presidenti di province, ecco puntuale Di Pietro che dichiara che non sarà in ogni dove alleanza col PD. Motivazione ufficiale: non ci sono state primarie, in generale, e in alcuni casi particolari non si sono condivise le politiche amministrative locali. Motivazione reale: se l’IdV è forte,
o se può arrivare al ballottaggio meglio del PD, che sia questo ad appoggiare il candidato di Di Pietro. E se Franceschini sottolinea che le percentuali di consenso del PD sono più alte di quelle dell’IdV, e quindi spetta al suo partito avere più candidati sindaci e presidenti di province, Di Pietro risponde: mollato l’alleato.

Sandro Sisler

Alla Lega ormai ce l’hanno moscio

Quelli della Lega si dichiaravano duri e puri. Urlavano “Roma ladrona” e “Padania libera”. Dicevano pure di avercelo duro. Mentivano. Fanno lo stesso mestiere degli altri. Solo così si spiega l’avversione della Lega al referendum sulla legge elettorale che dovrà pur tenersi, e che ogni logica vorrebbe si celebrasse in occasione della consultazione per le elezioni al Parlamento europeo. Invece no, La lega non vuole l’accorpamento perché, così, si raggiunge il quorum e passa il referendum. Risultato, niente premio di maggioranza alla coalizione ma solo alla lista.

Quindi, non basterà essere alleati del PdL per avere il premio e mandare più leghisti in Parlamento, a Roma. Quello che era il simbolo della politica che spogliava il Nord. Come Craxi che invitava l’elettorato ad andare al mare anziché a votare il referendum, la Lega vuole evitare che si voti contemporaneamente per le europee e per il referendum. Così, quando sarà il turno del referendum, come Craxi anche Bossi potrà invitarci ad andare al mare. Ma con l’aggravante di aver appesantito le casse dello Stato con il costo della nuova consultazione. Circa 400 milioni di euro che, se è vero che il 70% del prelievo fiscale proviene dalle regioni del Nord, peseranno per 280 milioni sui polentoni. E tutto questo per qualche poltrona in più.

Mi si è ammosciato anche a me.

Luca Procaccini

Quel gran rompicoglioni del figlio di Cofferati

Cofferati, quand’era in procinto di scadere dalla carica di Segretario della CGIL, disse che non avrebbe fatto politica e sarebbe tornato alla sua scrivania nella qualità d’impiegato della Pirelli. Non l’hanno visto neanche per un minuto. Infatti, divenne Sindaco della città di Bologna.

Poi, nell’approssimarsi della scadenza del quinquennio amministrativo, Cofferati disse che non si sarebbe ricandidato alla carica di Sindaco della città perché, novello padre, non voleva impegno che lo tenesse lontano dal pargolo. Oggi apprendiamo che è candidato capolista del PD, nel collegio nordovest, al Parlamento Europeo.

Se possiamo escludere che la scelta dell’uomo sia stata dettata dal fatto che fare il Sindaco è un lavoro pesante e mal pagato se rapportato all’incarico del deputato europeo meglio pagato e meno impegnato, la motivazione è una sola. Il figlio di Cofferati deve essere un rompicoglioni nucleare. Altro che Bologna meglio l’espatrio, avrà pensato il cinese.

Luca Procaccini

mercoledì 8 aprile 2009

Dopo il terremoto, Obama come Franceschini

Con l’offerta d’aiuto americana per la ricostruzione in Abruzzo, Obama è come Franceschini. In Abruzzo la devastazione, la tragedia e il lutto. Tutto sotto gli occhi di tutti, e tutti in corsa nella gara di solidarietà. Secondo Libero, l’America di Obama annuncia d’aver stanziato aiuti per 50.000 dollari. L’equivalente di 38.000 euro, meno dei 50.000 euro offerti dalla scalcinata Albania.

Se Libero dice il vero, si tratta di un’elemosina imbarazzante, una somiglianza sconfortante. L’esponente PD americano che appare come l’esponente PD italiano. Inadeguato.

Luca Procaccini

domenica 5 aprile 2009

Smascherato Berlusconi. Oppure Franceschini

Berlusconi dice di Obama, appena eletto Presidente della prima potenza mondiale, che è bello e abbronzato.

Berlusconi, alla riunione dei grandi della Terra, fuori da ogni etichetta e irritando la Regina, invita rumorosamente Obama a farsi la foto ricordo.

Berlusconi, nel corso della celebrazione dei sessant’anni della Nato, lasciando di stucco la Merkel, non segue il protocollo perché impegnato al telefonino.

Secondo Franceschini, Berlusconi fa così perché consapevole di essere alla fine di un ciclo. Questo, ad appena una settima dalla costituzione del Partito della Libertà.

Secondo la maggioranza relativa degli italiani, Berlusconi è un fico semplicemente perché è in grado di dire e fare quel che ne ha voglia, a prescindere da chi ha di fronte.

Secondo la stragrande maggioranza degli italiani, Franceschini il ciclo neanche lo ha aperto.

Luca Procaccini

Deus Ex Machina Fiat Jesus Chrysler. Coi soldi nostri!

In Francia, per fronteggiare la crisi, la Renault ha riportato in patria la produzione della Clio. In Italia, per fronteggiare la crisi, la Fiat ha chiesto incentivi alla rottamazione. Poi, invece di concentrarsi sul Belpaese, via oltreoceano a fare shopping alla Chrysler. Persino Obama ha ringraziato.

In tutto il mondo si guarda in casa propria per evitare il disastro. In Italia si sentono dei Padreterno e vanno a fare speculazioni a migliaia di chilometri di distanza stropicciandosene del volgo da catena di montaggio che rischia la cassa integrazione mentre continuiamo a produrre, per esempio, in Polonia.

Così è la Fiat. “Deus Ex Machina Fiat Jesus Chrysler”, ossia: “il Signore dalla Macchina faccia il figlio Chrysler”. Come al solito con i soldi nostri. Come al solito solo in Italia si continuano a socializzare le perdite e privatizzare gli utili.

Luca Procaccini

venerdì 3 aprile 2009

Una sala del Senato da dedicare al no global morto a Londra? Macché...

Compagni! Tutti compatti e uniti. Dopo Carlo Giuliani un’altra vittima della forza bruta del potere reazionario. Bisogna idealizzare il rivoluzionario buono. Istituiti forum, programmati convegni, indetti scioperi, raccolte le firme, proposta l’intitolazione della sala del Senato.

Attenzione! Trapela la notizia che non v’è colpa delle Forze dell’Ordine, è stato un mancamento.
Non un rivoluzionario in azione, ma un poveraccio che è morto di crepacuore.
Non un martire morto sul campo, ma un pirla cui è venuto il cagotto.
Contrordine compagni! Niente titolazione dell’aula del Senato.

Sandro Sisler

mercoledì 1 aprile 2009

Di Pietro alle Europee. Sangue e panico

Alle Europee c’è lo sbarramento al 4% e tutti i partiti minori si devono preoccupare di raccogliere voti. Così, Rifondazione Comunista fa pace con i Comunisti Italiani e, dopo la scissione perché Diliberto e i suoi volevano partecipare ai fasti del primo governo Prodi, ripagati poi dal secondo Prodi che portava in carrozza i rifondaroli ma lasciava al palo i comunistoidi italiani, nuovamente tutti insieme.

Casini, chiuso a destra, parla come uno di sinistra. Nelle migliori tradizioni democristiane. Ma il campione è Di Pietro. Se serve, fa scorrere anche il sangue. Così candida il filosofo e la hostess "pasionaria", il sindacalista e l’ex senatore DS, il portavoce del movimento umanista e l’avvocato: Gianni Vattimo, Maruska Piredda, Maurizio Zipponi, Pino Arlacchi, Giorgio Schultze e Giovanni Pesce. Sono i nuovi candidati alle elezioni europee con l’Italia dei Valori che Antonio Di Pietro presenta così: "Il nostro programma è scritto con il sangue di queste persone...".

Mormorio tra gli astanti col programma in mano: “Che schifo! Saranno mica infetti?”.

Luca Procaccini