L’Italia scoppia perché arrivano dal mare migliaia di migranti l’anno. È un fatto degli ultimi 15 o 20 anni.
L’Italia chiede, e non ottiene, supporto e aiuto dall’Unione Europea. Staremo pure formando lentamente un’unione di Stati sovrani in organismo sovrastatale, ma per il momento ognuno per sé e Dio per tutti. Almeno in materia di immigrazione clandestina; perché in fatto di misurazione di zucchine e cetrioli lavorano tutti unitamente e alacremente.
L’Italia applica la politica dei respingimenti prima dell’ingresso sul suolo patrio, e lo fa da anni se anche Fassino e D’Alema hanno ricordato d’aver praticato lo strumento quando erano al governo con Prodi, ma l’ONU sfodera l’asso dalla manica: la Convenzione di Ginevra del 1951. Quindi, "l’Italia è responsabile per le conseguenze del respingimento" e la "nuova politica inaugurata dal governo si pone in contrasto con il principio del non respingimento sancito dalla Convenzione di Ginevra del 1951, che trova applicazione anche in acque internazionali”. Pertanto, il governo italiano "riammetta sul proprio territorio" i migranti che sono stati rinviati in Libia, confermando che tra loro vi sono "persone bisognose di protezione".
Geniale, la società si evolve e i fenomeni migratori in così massicce forme sono dell’ultimo ventennio ma non importa. Già fortunati che non sia un regio decreto a regolamentare la materia. C’è addirittura una convenzione a dettare i princìpi, fa nulla se è vecchia di 58 anni e se non è saltata fuori quando Prodi respingeva e Zapatero sparava. Era così che si facevano le verifiche dei requisiti per l’ammissibilità a forme di protezione dei migranti che, se rimandati a casa, rischiavano.
Insomma, che nulla cambi. Anche se palesemente è in atto una moderna tratta degli schiavi.
ONU e Unhcr, un consiglio. Invece di combattere gli acari della polvere per trovare negli archivi convenzioni di oltre cinquant’anni fa, cercate di combattere il fenomeno tragico del mercato della carne umana sulle rotte della disperazione. Magari con l’apertura degli uffici necessari per la verifica dell’esistenza dei requisiti per ottenere diritto d’asilo, ma al Paese di partenza e non a quello d’approdo. E se la Libia diviene collaborativa grazie ai buoni uffici del governo italiano, è su quel tavolo che si gioca la partita.
Tutto qui, un po’ di burocrazia a Tripoli e niente barche per mare. Non è difficile, e non fa nulla se non è scritto su qualche convenzione del secolo scorso.
Luca Procaccini
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