martedì 8 settembre 2009

L’8 settembre di Napolitano. Il falso, il dubbio, il vero. E la fortuna

Vittorio Emanuele III durante le seconda guerra mondiale, firmato in gran segreto l’armistizio con gli alleati angloamericani, all’indomani della sua pubblicazione dell’8 settembre 1943, fuggì di notte e di nascosto nelle terre di Puglia accompagnato dalla casa reale, il governo in carica e i comandi militari. La dichiarazione recitava, in sintesi, che l’armistizio era firmato ma la guerra continuava nei confronti di chi ci attaccava. Un modo barocco ed indegno per dire agli ignari italiani che i tedeschi li avrebbero massacrati.

Oggi il Presidente della Repubblica dice che quella guerra civile è stata combattuta per la libertà, l’indipendenza e la dignità. Falso che è stata combattuta per la libertà e l’indipendenza. La parte maggiore dei movimenti partigiani combattevano perché l’Italia divenisse Paese comunista ed entrasse nell’orbita dell’allora Unione Sovietica capitanata da Stalin. Quindi, qualcosa di diverso da un Paese libero ed indipendente. Anche se molti di loro non ne avevano piena consapevolezza. La parte maggiore dei combattenti per la Repubblica Sociale Italiana combattevano, è vero, per una questione di dignità perché la dichiarazione d’armistizio appariva loro nient’altro che il vile tradimento dell’alleato germanico. E anche se molti di loro non ne avevano piena consapevolezza, di fatto combattevano per una Repubblica non libera, non indipendente, ed al servizio dell’alleato tedesco capitanato da Hitler. Dunque, la maggior parte dei combattenti tutti si battevano, magari inconsapevolmente, per uno stato non libero e non indipendente.

In quegli anni ed in quel modo cominciò a formarsi la Repubblica d’Italia. Ed è puro culo che alla fine gli americani hanno avuto la meglio e ci troviamo oggi a celebrare l’anniversario dell’8 settembre. Liberi ed indipendenti certamente, ma non degni perché solo fortunati.

Luca Procaccini

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