
Si lambiccano il cervello per capire cosa fare per rilanciare i consumi in Italia e rimettere in moto l’economia. La soluzione è semplice: una legge che riapre le case chiuse.
La prostituzione nel mondo è regolamentata giuridicamente in modo ampio e variegato, ma sin dai tempi della Grecia antica esisteva sia la prostituzione femminile sia quella maschile. E già da allora le prostitute pagavano le tasse. Ora, se con una leggina abbandonassimo il sistema proibizionista e criminalizzante per abbracciare il sistema regolamentarista (teso alla legalizzazione della prostituzione) con tanto d'imposizione di tasse, il gioco sarebbe fatto.
D’altra parte, già nella storia preunitaria, Cavour - astro del Risorgimento italiano - con un decreto del 1859 rese possibile l'apertura di case controllate dallo Stato per l'esercizio della prostituzione. E nel 1860 il decreto fu trasformato in legge con l'emanazione del "Regolamento del servizio di sorveglianza sulla prostituzione", con tanto di tariffe (5 lire per le case di lusso, 2 lire per quelle popolari, che poi vennero resi più accessibili dal ministro dell’interno Nicotera per limitare la prostituzione libera, la quale non subiva il controllo sanitario) e obbligo di pagare le tasse per i tenutari.
Il sistema non ha conosciuto intoppi per un secolo, con una parentesi nell’anno di grazia del 1900, perché si chiedeva la chiusura delle case di tolleranza a seguito dell'attentato a re Umberto I da parte dell'anarchico Bresci. Che i giorni prima dell’attentato li avrebbe trascorsi in un bordello. Alcuni dicono a meditare, i più pensano perché sapeva d’esser destinato a morte certa.
Solo nel 1958, con la famigerata legge Merlin, in Italia si chiudevano le case di tolleranza e veniva introdotto il reato di sfruttamento della prostituzione. Poi, nel tempo, vuoi per lo spettacolo indecoroso sulle strade, per le storie di cronaca che ci hanno riportato ai tempi della tratta degli schiavi, o per la sicurezza (sotto il profilo sanitario e dell’incolumità personale di esercenti la professione e dei clienti), anche in Italia s’è da più parti proposto di tornare a rendere legale il mestiere della meretrice in locale all’uopo destinato.
Attenzione. Un'indagine della commissione Affari sociali della Camera del 2003 ha concluso che le prostitute sono in Italia dalle 50mila alle 70mila, delle quali almeno 25mila immigrate, 2mila minorenni. Invece, sono 2mila le donne e le ragazze ridotte in schiavitù e costrette a prostituirsi. Insomma, le prostitute sono numerose e, sempre secondo la commissione, il 65% lavora in strada, il 29,1% in albergo, il resto in case private. Un esercito di lavoratori che non paga le tasse.
Se già in Italia era possibile esercitare l’antico mestiere, e in altri Paesi (anche di cultura occidentale) lo è tuttora, torniamo anche noi ai vecchi costumi. Così facendo, in un sol colpo liberiamo le strade, ci sinceriamo che a batter ci sia chi ne ha voglia con regolare pagamento delle tasse. Così, ecco entrate milionarie per il fisco al quale il piatto piange sempre e, ne siam certi, iniezione di fiducia nei consumatori. Infatti, gli esperti sostengono che con l’apertura del mercato migliorano le offerte e, di conseguenza, aumenta la domanda e si incrementa la spesa.
E poi, è innegabile che l’economia mondiale sta andando a puttane. A quanto pare in Italia ci siamo subito adeguati al trend del momento. Almeno formalizziamo.
[foto via puttanopoly.com]
Luca Procaccini
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