
Oggi è il nono anniversario dalla scomparsa di Craxi (in Tunisia).
Fino a pochi giorni addietro, per alcuni era uno statista rifugiatosi in terra amica, perché tradito in quella propria; invece, per Di Pietro, Craxi era un latitante fuggito all’estero.
Fino a pochi giorni addietro, per alcuni Craxi era uno cui non sono stati garantiti fino in fondo i diritti della difesa; per Di Pietro, uno responsabile in ogni caso perché non poteva non sapere.
Fino a pochi giorni addietro, Craxi era per alcuni quello che (coerentemente) in Parlamento invitò a fare un cenno chi tra gli astanti non avesse coscienza del sistema del finanziamento dei Partiti; per Di Pietro, uno che aveva reso confessione.
Fino a pochi giorni addietro, per alcuni era uno linciato dai media; per Di Pietro, Craxi era oggetto dell’informazione civile di un Paese democratico.
E arriviamo al nono anniversario dalla scomparsa.
Craxi per alcuni è uno statista tradito - e linciato dai media - cui non sono stati garantiti i diritti della difesa.
Chissà mai che anche Di Pietro la pensi così, dopo gli accidenti occorsi al figliolo per le richieste di raccomandazioni a seguito delle quali ne è derivata l’iscrizione nel registro degli indagati per l’ipotesi di commissione del reato di abuso d’ufficio e turbativa d’asta con immissione nel tritacarne dei media. E perché, in via ipotetica, Di Pietro dovrebbe pensarla così anche lui? Per il timore del fatto che gli italiani possano ritenere che non potesse non sapere di quanto faceva il figlio; così come Craxi non poteva non sapere che cosa facessero i suoi uomini di partito. Vedi qui.
[foto via flickr.com/photos/xurble]
Luca Procaccini
Craxi, in quel famoso discorso, si riferiva al finanziamento illecito ai partiti, ma è stato condannato per corruzione (la differenza sta in chi prende i soldi: se questi vanno al partito è finanziamento illecito, se vanno alla persona è corruzione), i processi hanno ampiamente dimostrato che (i soldi)li aveva presi anche per sè (oltre che per il partito). Di Pietro non sarà il messia, certo, ma l' inchiesta mani pulite ha fatto risparmiare miliardi (in Euro) alla cittadinanza invece i debiti di Craxi & Co li stiamo pagando ancora adesso.
RispondiEliminaCerto, non bisogna confondere la lana con la seta (e avai a capire se ce n'è di seta), ma l'accostamento non è stato fatto tra l'operato degli uomini al tempo di mani pulite. l'accostamento è stato fatto tra l'uomo Di Pietro ai tempi di mani pulite e l'uomo Di Pietro ai tempi di oggi con membri del suo partito, l'idv, coinvolti in inchieste, oltre che per corruzione turbativa d'asta ed abuso d'ufficio, pare anche per essere in qualche modo in contiguità con la camorra. L'accostamento è tra il giustizialista di allora ed il quasi garantista di ora. E se questo è il trend, e se le ipotesi di reato troveranno sostegno nella prova, facilmente avremo anche un Di Pietro del tutto garantista. Poi, non son certo che tangentopoli abbia fatto risparmiar gran denari (pare che la corruzione non sia debellata - vedi Napoli e Pescara solo per citare gli esempi più recenti - e, secondo alcuni, la tariffa è anche rincarata. Non vorrei sbagliare, ma sul rincaro credo di aver sentito qualche parola in merito di Davigo). Infine, i debiti che tangentopoli ci ha lasciato sono quelli di aver determinato il rinovamento innaturale della classe politica. E' così che oggi trovialmo le seconde e terze linee dei partiti di allora a sostituire le dirigenze decapitate dall'inchiesta, oltre che Di Pietro deputato. E che dire poi, come evidenzia l'altro commentatore, dell'economia bloccata dal terrore degli amministratori degli anni novanta a muover un solo foglio? E' certo che il furore giustizialista ha determinato un rallentamento nel funzionamento della macchina pubblica con evidente ricaduta sul sistema paese. Poi, esaurita la spinta dell'inchiesta, a tener ferma l'Italia ci ha pensato il partito del "no" di stampo verde-comunista. Ma questa è un'altra storia.
RispondiEliminaluca procaccini